Buongiorno creaturina!
Come è andata la tua estate?
Noi ci siamo fermatз soltanto apparentemente; in realtà, infatti, abbiamo lavorato dietro le quinte e preparato un po’ di cosine per te, tipo:
Tre (e dico 3!) puntate “Summer special” del nostro podcast Mestieri d’Impatto, che sono di una preziosità infinita: le interviste che ascolterai sono tutte legate allз partners della nostra Guida d’Impatto (che, wow, ormai compie due anni!): troverai, infatti, le esperienze di Samuela e Fabiana di Green Ganesha, la storia di Stefania e de Il Barattolo di Stefania e infine la storia di Ramosalso. Corri subito ad ascolarci!
Una meravigliosa pagina del nostro sito dedicata al nostro gruppo di lettura, Verdeleggo, dove trovi tutte le informazioni per iscriverti e partecipare alle nostre chiacchiere d’impatto! Ti ricordo che il prossimo incontro — in cui parleremo del libro Se pianto un albero posso mangiare una bistecca? di Giacomo Moro Mauretto (2023, Mondadori, 240 pagine) — si terrà lunedì 21 ottobre alle 21, online.
Detto questo, ci sarà un’altra sorpresina (o, spoiler, un mega-lancio) nei prossimi mesi, quindi come dicono lз boomerz “STAY TUNED”!
La newsletter di questo mese è tutta farina del sacco della nostra Elena, che ha letto per noi ben due libri: L'orso polare e una scommessa chiamata futuro (John Ironmonger, 2023, Bollati Boringhieri, 288 pagine) e Dall'orto al mondo. Piccolo manuale di resistenza ecologica (Barbara Bernardini, 2023, Nottetempo, 264 pagine).
Io da qualche tempo quando vedo una crepa aperta, semino. Mi sembra il modo più concreto per rimanere ancorata a terra, per non farmi trascinare via dal crollo. Mettere radici, riallacciare legami, trovare aperture che siano di fuga, sì, ma immobile. Direi, appunto, che se ho davvero fortuna e quei semi germogliano, vederli spuntare mi riporta in me.
Dall’orto al mondo. Piccolo manuale di resistenza ecologica è una guida per chi ha un orto e per chi ancora non lo ha ma ama le piante e brama per una condivisione vera, rispettosa e sensibile con l’ambiente e le sue creature; l’autrice del libro, Barbara Bernardini, ci invita a riprenderci il nostro tempo, vivere in armonia con la natura e gli altri esseri viventi e guardare intorno a noi con occhi attenti.
La struttura del libro rispecchia quella ciclica della natura: si parte dal mese di aprile, dalla preparazione del terreno in cui la scelta dei semi per la nuova stagione è proprio “il momento in cui il possibile esplode”, e si arriva a febbraio, dove nascono gli ultimi ortaggi prima di un breve riposo.
Per ogni mese, insieme al diario di orticoltura, racconta qualcosa che ci fa uscire dal suo orto e ci porta nel mondo attraverso un “Almanacco degli anni a venire” e “Innesti”. Nell’Almanacco, con uno sguardo al futuro e qualche ricordo del passato, racconta storie di alcune piante, tecniche di coltivazione, aneddoti di ortaggi, uccelli e insetti; in “Innesti” invece troviamo riflessioni e pensieri che guardano al mondo, come il tempo ciclico di un’agricoltura rispettosa, il significato del fare e non fare, l’acqua e la necessità che sia un bene comune, i semi e l’urgenza di preservarli…
Ho iniziato a leggerlo mentre ero al mare con mio figlio e mi è bastata qualche pagina per farmi assalire dalla voglia di tornare a casa, nel mio orto, per mettere in pratica i suoi consigli, mettermi all’ascolto della terra e delle creature che la abitano e che condividono con me quel posto speciale. L’autrice manifesta il bisogno di imparare “come rispettare l’equilibrio, come interferire al minimo, come rendermi il più rispettosa, silenziosa, mimetica possibile” e leggendo questo libro io mi sono sentita proprio così: bisognosa di sperimentare questo, di vivere l’orto come relazione con gli altri esseri viventi, in un equilibrio perfetto.
Per me l’orto è pace, attesa, nascita, una scoperta continua di nuovi insetti e nuovi modi di coltivare e curare ortaggi. A volte, non lo nego, è stata una semplice “dispensa” solo per me, dove ogni insetto o animale era visto come un nemico, e quindi una pianta divorata o una mancata maturazione erano visti come un mio errore. Tuttavia, come scrive Barbara Bernardini:
Quelli che sono stati i miei fallimenti sono comunque il successo di qualcun altro: delle galline che hanno mangiato l’insalata, delle formiche coi semi e dei merli con le amarene, di topolini, afidi, funghi e insetti di cui nemmeno mi sono accorta, che hanno condiviso con me, strada facendo, le gioie del raccolto.
Questo pensiero mi piace molto, mi avvicina ancora di più alla possibilità di creare una buona relazione con il mondo presente nel mio orto.
L’autrice ci ricorda che l’orto non è natura ma “il tentativo forzoso di produrre fenomeni naturali in modo controllato”: però ci dice anche che possiamo scegliere di fare un orto in modo sostenibile, un modo che va contro il capitalismo, il mercato che vede solo al guadagno, il consumismo, lo sfruttamento della terra. L’orto può essere infatti una “forma di attivismo culturale che punta a redistribuire l’accesso alla coltivazione e alla riproduzione delle sementi, a recuperare i saperi aggiornandoli alle nuove necessità e scoperte tecnologiche e biologiche, ad aprire spazi di libertà”, un modo in cui potersi sottrarre ogni giorno a stimoli e bisogni imposti e dove allontanarsi da sistemi di produzione ingiusti e disonesti per l’ambiente e la società.
Questo libro è anche un manuale di resistenza ecologica: “resistere tornando a fare qualcosa che ha un significato circoscritto, inequivocabile, tondo, giusto, buono: se pianto un seme è per mangiare un pomodoro”, resistere a favore degli ecosistemi, della giustizia ambientale e sociale.
In un’intervista l’autrice racconta:
La resistenza ecologica di un ecosistema è la sua capacità di resistere a eventi di disturbo che hanno impatti negativi sulla sua stabilità: riuscire a rimanere stabili, a non cedere alla disperazione nonostante i continui impatti negativi delle notizie che ci arrivano, ecco, è resistenza ecologica. E per resistere abbiamo bisogno di allenare lo sguardo, cambiare prospettiva, prenderci cura di noi, dei nostri tempi, dei nostri corpi e del nostro stare dentro un ecosistema.
Con queste parole, ci porta a guardare oltre, ad avere pazienza e trovare il proprio ritmo, nell’orto come nel mondo che ci vive attorno…e il contatto con la natura ci aiuta proprio a fare questo, a fermarci e rispettare i suoi e i nostri tempi, a fermarci e guardare oltre noi stessi e per farlo “a volte può bastare l’incontro con un’upupa, assistere al volo di un barbagianni, arrampicarsi su un albero, ritrovare una famiglia di funghi nello stesso punto del bosco dell’anno prima, scoprire di poter riconoscere un’erba spontanea dai suoi fiori e le sue foglie, mettersi in ascolto dei linguaggi non umani di cui è pervaso il mondo”, ed è così bello.
Questo libro è un invito continuo a “far filtrare solo le cose importanti e tenere fuori le altre, sottraendosi quanto possibile a un sistema che mostra tutte le sue storture, per ritrovare posto in un ciclo più giusto”. Negli Innesti di ottobre parla di riposizionamento, la capacità di rimettersi in relazione con la natura e gli altri esseri viventi senza sentirsi sempre e solo superiori. Per riposizionarsi nel mondo, dice, bisogna “comprendere che non ne siamo mai stati isolati, e che esiste una pluralità di sistemi di segni, e di intelligenze in grado di comprenderli, che sono diversi ma non meno sofisticati dei nostri”.
E come ribadisce Mancuso in La pianta del mondo, le piante sono la nervatura del mondo e “non vedere questa pianta (nervatura), o ancora peggio ignorarla, credendo di esserci ormai posti al di sopra della natura, è uno dei pericoli più gravi per la sopravvivenza della nostra specie”.
Questa guida è ricca di altri interessanti riflessioni: il tempo e la sua riscoperta che, grazie al lavoro nell’orto, porta a preservare quel “tempo vuoto” che ci alleggerisce e ci mette in ascolto; guardare ai funghi e al loro adattamento per imparare a vivere fra le rovine, spazi abbandonati e carichi di possibilità; l’illusione che gli esseri umani hanno del loro controllo sull’agricoltura e i fenomeni naturali e ancora il tempo ciclico, un tempo che si preoccupa del presente preservando il futuro, stagione dopo stagione.
Nel romanzo “L’orso polare e una scommessa chiamata futuro”, una metafora di due visioni contrapposte sul riscaldamento globale che vede come protagonisti un giovane attivista ambientale e un politico negazionista del clima, vi è un momento in cui i due, mentre sono in balia del ghiacciaio, discutono sull’importanza della vita di un orso polare che Tom, l’attivista, non vuole uccidere. Cerca di spiegare a Monty, il politico, che la loro vita vale tanto quella dell’orso e che anzi, sono gli esseri umani ad aver distrutto il suo mondo, il suo habitat. Ci vuole in qualche modo ricordare, anche lui come Barbara, che il mondo è la casa di tutti e noi umani negli anni ce ne siamo impossessati ingiustamente tracciando confini e divieti. Invece tutti gli esseri viventi hanno lo stesso diritto di vivere nel mondo.
Verso la fine del libro Tom prende consapevolezza della difficoltà di portare avanti le sue teorie da solo, affermando che “se tutte le persone a cui frega del pianeta riescono a cambiare qualcosa, forse riusciranno a convincerci tutti a ritardare il collasso del clima di dieci anni o giù di lì. Ma che senso avrebbe? Se anche l’umanità tenesse duro, quella delle prossime centomila generazioni sarebbe comunque una merdosa, miserabile esistenza. Che importanza possono avere dieci anni in un caso o nell’altro?”, ma subito manifesta che una parte di lui dice “no” a questo, c’è una parte dentro di lui che ha ancora la volontà e il desiderio di attivare comportamenti che vanno contro la situazione climatica attuale.
Il cambiamento può avvenire se c’è attenzione a livello politico e globale, come ci fa capire Ironmonger con il suo romanzo, ma anche in un piccolo posto come l’orto, qualora ciò che viene fatto sia sostenibile per l’ambiente e gli esseri viventi che lo abitano.
Il cambiamento può avvenire quando ci rendiamo conto di ciò che ci circonda, un ghiacciaio che si sta sciogliendo o un terreno privo di biodiversità, e per fare questo dobbiamo guardare con occhi attenti e interessati.
Dall’orto al mondo
Steps d’Impatto della lettura: 🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽/10
Lo consigliamo a chi…vorrebbe un orto rispettoso e sostenibile, a chi ha voglia di costruire una giusta relazione con la natura, assaporando la bellezza della condivisione, e a chi ha voglia di guardare al di là, nel mondo che c’è “fuori”, fatto di bellezza e meraviglia ma anche di ingiustizia, di un clima in crisi, di lotte per il controllo e molto altro!
L’orso polare e una scommessa chiamata futuro
Steps d’Impatto della lettura: 🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽/10
Lo consigliamo a chi…si approccia per la prima volta alle tematiche ambientali (sul riscaldamento globale nello specifico) ma fatica a portare a termine un saggio. É scorrevole, interessante e accattivante, quindi adatto anche ai più giovani.
Per lз più piccinз
Amico albero è un bellissimo albo in cui Sara Donati ci racconta i sentimenti e le emozioni che si sperimentano a contatto con la natura, in un appello alla necessità assoluta per i bambini di mantenere sempre viva e attiva una dimensione di relazione con il mondo verde.
Beh, che dire…se hai letto uno di questi due libri e ti va di parlarne, fatti sentire: puoi semplicemente commentare questa newsletter, o scriveri sui social e/o via e-mail. Come sempre, ti aspettiamo! 🌱
A presto,
Elena (e Giulia)