Ciao cuore,
tutto bene? Come ogni ultimo giorno del mese, torniamo con le nostre letture, nonostante sia formalmente Pasqua (e anzi…buona festa, se la celebri! 🐣 Altrimenti, buona domenica🌸).
Qui, pagnottina appena sfornata: Mestieri d’Impatto #3! In questa puntata del podcast, Cecilia intervista Chiara Maggio di Green Vibes (argomento spiiiiiicy🌶️). Puoi ascoltare la puntata qui!
Questa volta, siccome io sono un po’ in ritardo sulla vita, è Angela a raccontarci il libro di questo mese, che è di un autore già comparso in Steps d’Impatto…Stefano Mancuso.
…ma no, scherzo! Il libro ci è piaciuto molto (al contrario del precedente, letto e discusso qualche mese fa) perchè è un po’ più esteso e riesce a raccontare le cose in modo più dettagliato di quanto sia riuscito a fare, almeno secondo la maggior parte del team Impatto, in La nazione delle piante.
Il libro di cui Angela ci parla oggi è Fitopolis, la città vivente (2023, Editori Laterza, 164 pagine note comprese piene di fatti e dati e riflessioni molto cool).
Un secondo: prima di buttarci nel racconto, momento pubblicità…
🌱 VerdeLeggo: il Gruppo di Lettura d’Impatto 🌱
Come funziona?
Il nostro gruppo di lettura si svolge online ed è (ovviamente!) del tutto gratuito...non serve nemmeno acquistare il libro nuovo: puoi fartelo prestare, prenderlo in prestito in biblioteca (o richiederne l'acquisto, se non dovesse essere già presente), comprarlo su Libraccio, Acciobooks, Vinted, o qualsiasi altro sito in cui sia possibile trovare libri usati. Ma soprattutto, puoi condividerlo con l'amica, l'amico, lə amicə che porterai alla discussione🦊
Cosa leggeremo, e quando?
🗓️📚 Per iniziare, lunedì 22 aprile 2024, diciamo intorno alle 21, ci troviamo per commentare e discutere insieme Cambiamo il sistema, non il clima (Editori Laterza, 2022, 96 pagine di divertimento e amarezza 🙃), l’irriverente graphic novel di Emma di cui avevamo già parlato in questa newsletter.
Se ti va di partecipare e non ci hai già lasciato il tuo indirizzo email in precedenza, compila questo form!
Ti aspettiamo🌱
P.S. Puoi venire anche se il libro non l’hai letto, eh!
Bene, detto questo: Angela, andiamo con il nostro Mancuso!
In poche parole, in Fitopolis, Mancuso propone una lettura diversa sull’ecosistema città, proponendo un’alternativa in cui non vi sia un predominio dell’essere umano (come è stato ed è ancora oggi), ma in cui venga dato maggiore spazio alle altre specie, in particolare alle piante🌱
“L’uomo è misura di tutte le cose”: interpretanto liberamente questa frase del pensatore greco Protagora, Mancuso ci sbatte in faccia un argomento che, noi care persone, tendiamo a non voler sentire; riconoscerlo, infatti, vorrebbere dire mettere in discussione la prospettiva antropocentrica che da lungo caratterizza la nostra specie (e che sta alla base, ad esempio, dello specismo).
La concezione dell’essere umano come misura di tutte le cose non ha alcuna base biologica o scientifica: pensate soltanto che il nostro pianeta è coperto per l’86.7% di piante, per l’1.2% di funghi (di funghi!), soltanto per lo 0.3 % di animali (uomini inclusi!), e di microrganismi per la parte restante!
L’enorme numero di altri esseri viventi, non umani che condividono con noi il pianeta è un elemento capace di sovraccaricare in maniera insostenibile la capacità di elaborare dati del nostro cervello, e allora risulta comprensibile perché non vediamo le piante, i funghi, e neanche gli animali, pur così simili a noi (p. 14).
…tuttavia, continua il saggio Mancuso, “rimuovendo la natura dal nostro sguardo, abbiamo iniziato a percepirci come al di fuori, o meglio al di sopra di essa.” Forse per questo abbiamo costruito delle città super urbanizzate, grigie e cupe — perché non vediamo le alte specie e quindi pensiamo di poterne fare a meno?
Eppure, dà così sollievo passeggiare per le città e vedere gli alberi e aree verdi con qualche apina che gironzola sui fiori appena sbocciati…
Tra l’altro, se ci pensi, questa fissazione umanocentrica si manifesta anche in molti dei termini comunemente usati per descrivere le città: “il volto della città” si usa per indicarne l’aspetto, “l’arteria principale”, i “polmoni verdi”, il “cuore pulsante”, i “centri nevralgici”, eccetera — insomma, l’intera storia dell’architettura lavora con le dimensioni e le proporzioni del copro umano…non ti ricorda niente?
Il corpo umano come architettura 🏗️
Eh già, proprio lui, il nostro uomo vitruviano, l’uomo come misura di tutte le cose. In tempi più recenti, il famoso architetto Le Corbusier sviluppa un concetto simile: una nuova scala di proporzioni, basata sulle misure dell’essere umano, chiamata Le Modulor.
L’obiettivo di Le Corbusier era quello di “creare uno strumento in grado di condurre le misure del corpo umano (ndr ovviamente europeo) alle proporzioni della cosiddetta sezione aurea (…)” che potesse fornire “una gamma di misure armoniose per soddisfare la dimensione umana”. Se ne servirà spesso per progettare le sue opere.
Questa immagine ritrae, ad esempio, da uno dei più famosi progetti dell’architetto: si tratta della città di Chandigarh, la cui progettazione fu affidata, intorno agli anni ‘50, proprio a Le Corbusier dall’allora primo ministro Nehru. Come racconta Mancuso, anche se a prima vista il progetto della nuova capitale del Punjab non sembra avere niente a che vedere con il nostro corpo, in realtà:
Come ha raccontato eloquentemente Kapil Setia, archietteo capo dell’urbanistica di Chandigarh, il progetto di Le Corbusier è del tutto paragonabile a un corpo umano, “con gli edifici più importanti, queli della della capitale, in testa, il quartiere centrale degli affari come cuore, le aree industriali sul fianco orientale e quelle dell’istruzione sul lato opposto, come fossero le due braccia della città” (p. 29).
Conviene soffermarsi sul perché siamo fattɜ, e facciamo tutto il resto, in questo modo. Quali sono i vantaggi di questa organizzazione animale che replichiamo dappertutto? In realtà, solo uno: la velocità. Siamo costruitɜ per rispondere velocemente alle sollecitazioni dell’ambiente, l’unico vantaggio di un sistema gerarchico e piramidale.
Tuttavia, dice Mancuso, questa nostra fissazione per la biologia umana e per la sua adattabilità nasconde dei lati oscuri, forse non spesso visti:
Ogni città o edificio ideale sembra essere soltanto un esercizio di potere: una città perfetta ma contronatura, che nasconde volontà di dominio. È proprio per questo che l’organizzazione animale — centralizzata, gerarchica, delimitata — trova in queste città ideali l’apice della sua utilizzazione. Una città in cui gli organi di governo siano raggruppati al suo centro e specializzati è infatti molto facile da controllare: basta avere il controllo di pochi organi di potere e decisionali per governare l’intera città. Il fatto che basti rimuovere quegli stessi pochi organi di potere per distruggere l’intero governo della città riguarda l’insita debolezza di ogni organizzazione centralizzata come è l’organizzazione animale (p. 36).
Per quanto, quindi, la struttura umanocentrica sia la più facile da concepire anche per la costruzione e la progettazione delle città, è proprio questa struttura a renderle (e renderci) fragili.
La città in evoluzione e la sopravvivenza di ciò che è più adatto 💪🏽
Proseguendo in questo paragone città-corpo umano, Mancuso racconta di come anche le città abbiano subito e continuino a subire processi simili a quello evolutivo. L’autore si spinge ancora più avanti: non soltanto le città sono soggette all’evoluzione, ma sono anche una forte spinta all’evoluzione delle specie che le popolano: “L’ambiente delle città, infatti, è talmente particolare e, per molti versi, estremo che la pressione selettiva che esercita sugli esseri viventi è in grado di produrre cambiamenti significativi nella struttura e nei comportamenti di piante, animali e mircorganizsmi a una velocità che non si riteneva possibile” (p. 45).
Questo diventa ancora più chiaro se consideriamo le città come ecosistemi, gli ecosistemi urbani, in cui abitano molti esseri viventi, esseri umani compresi e in cui troviamo ambienti fisici differenti, con stade, edifici, terreni incolti, acque, eccetera.
L’autore riporta molti esempi di processi evolutivi da parte di specie che vivono in città: i denti più piccoli dei ratti di New York, le zanzare che si sono “specializzate” a vivere dentro le diverse linee della metropolitana di Londra, i trifogli che riducono le loro difese contro i predatori, o gli adattamenti dei volatili cittadini, e indubbiamente i cambiamenti nella resistenza alle malattie nelle persone.
Mancuso parla poi del metabolismo dell’ecosistema urbano: il 27% dell’impronta ecologica di una capitale europea come Roma è destinata al cibo ma, nelle città a più basso reddito, “non è raro che il cibo arivi a rappresentare una quota intorno al 50%” della stessa.
Roma ha un’impronta ecologica parti a circa 20 milioni di ettari (200.000 kilometri quadrati; per capirci, per raggiungere questa estensione, dobbiamo mettere insieme l’estensione di Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilica, Calabria, Sicilia, Sardegna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio ed Emilia Romagna!), costituita per il 27% dal cibo, per il 25% di trasporti, per il 15% dai beni di consumo (abbigliamento, elettronica, macchine, libri, etc.), per l’8% dagli alloggi, per il 5% da servizi, per il 14% dalle risorse richieste dalle aziende, e per il 6% dal settore pubblico.
…incredibile, vero? Ti ricordo che le città occupano circa 2-3% della Terra, che potrebbe sembrare poco ma in realtà è una percentuale già al di sopra delle possibilità del nostro pianeta! 🥹
Nei capitoli finali, che vi lasciamo il piacere di leggere in autonomia, si legge di migrazioni e di nuove prospettive urbanistiche e architettoniche per le città del futuro, di cambiamento climatico e di specie generaliste…
Vi lasciamo, dunque, con un’ultima considerazione (che, tanto per cambiare, non vuole dare risposte ma provocare molte riflessioni):
Costruire le città secondo un modello animale creato per il movimento non sembrerebbe davvero una buona idea. Eppure è esattamente ciò che abbiamo fatto per millenni: abbiamo tentato di assimilare le nostre città immobiliti ai nostri corpi animali mobili, una scelta sconsiderata di cui paghiamo le conseguenze. Al contrario, il modello cui affidare la crescita, lo sviluppo e il funzionamenteo delle città, è senza dubbio, quello vegetale. Anche le città, infatti, non possono fuggire dai problemi ma sono condannate a doverli risolvere. Trasformare i nostri centri urbani secondo un modello vegetale potrebbe rappresentare, ad esempio, un fondamentale contributo per resistere alla crisi climatica (p. 131).
Steps d’Impatto della lettura: 🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽/10
Lo consigliamo a chi…ha voglia di scappare dalla città per vivere in campagna 🦦: puoi sempre farlo, eh, ma questo libro ti dà una prospettiva su come poter ripensare l’ambiente urbano e, magari, immaginare di poter vivere bene anche in un luogo che è sempre più spesso considerato giustamente repellente!
Per lз più piccinз
Non stop (Tomi Ungerer, trad. Damiano Abeni, 2020, 48 pagine, Orecchio Acerbo editore) è un albo che potrebbe sembrare cupo, ma che in realtà racconta, con le sue immagini e la sua storia, quella stessa desolazione della Terra di cui ci parla, in modo diverso, Mancuso. La volontà di reintegrare la Natura all’interno della nostra quotidianità e del nostro mondo si rivela la spinta fondamentale anche in Ungerer…
Il pianeta terra è irriconoscibile e tutti gli abitanti lo hanno abbandonato per andare a vivere sulla luna. Lungo le strade deserte solo Vasco si aggira, guidato dalla sua ombra. Tra palazzi in disfacimento, raffinerie che ribollono, carri armati in marcia, lui attraversa mille scenari con un piccolo essere verde in braccio - il suo nome è Poco - determinato a portarlo in salvo. Lo ha promesso alla madre che glielo ha affidato. Schivando mille insidie e pericoli - ogni volta appena in tempo - Vasco, guidato dalla sua fedele ombra, raggiunge la meritata salvezza, con un dolcissimo finale per lui e per il piccolo Poco.
Puoi sfogliarlo qui!
Beh, grazie Angela per questo bel racconto. E a te che leggi, invece: goditi questi giorni e la Natura…ci vediamo il 22 aprile a Verde Leggo!
Giulia e Angela