Ciao tu che mi leggi,
come stai? Come è iniziato questo nuovo anno?
Ad Impatto tutto procede bene, con nuovi progetti in creazione e vecchi progetti che si rinnovano.
La nostra newsletter, per esempio, si rinnova: per il 2023, infatti, sarò soltanto io – Giulia – a camminare con te durante i nostri Steps d’Impatto.
Anche il format potrebbe essere un po’ diverso da quello che ti ricordi o, se sei nuovə, ti potresti aspettare: quest’anno, s’è deciso che il punto di partenza delle nostre chiacchiere mensili saranno…i libri!
…no, mi spiace deluderti: non leggeremo la saga di Harry Potter (anche se forse qualche interessante idea sull’ecologia potremmo trovarla anche lì), ma libri che, con modalità anche molto diverse, raccontino e approfondiscano di ecologia ambientale e sociale, di capitalismo (ce tocca, sì!), di cambiamento climatico, di diritti dei lavoratori...
L’idea di base è riflettere insieme (senza pressione né fretta) su macro categorie – come "alimentazione", "trasporti", “cura della persona” – interpretandole e conoscendole di nuovo attraverso le parole dei libri che leggeremo; questo significa che, talvolta, ci troveremo di fronte ad opinioni diverse dalla nostra e a storie che parlano di ambiente da prospettive molto distanti da quelle cui siamo abituatз, ma sono certa che, insieme, riusciremo sempre a decostruire e ricostruire nuovi pensieri!
📚Perché partire proprio dalla lettura e dai libri? 📚
Per cominciare, perché la lettura di libri è una di quelle attività per cui diciamo spesso di “non avere tempo” e perché, altrettanto spesso, pensare di doverci mettere a leggere ci spaventa. Siamo stanchз dopo lavoro, siamo stanchз dopo aver messo a letto la nostra progenie, ma siamo stanchз anche appena sveglз o in pausa pranzo…e il tempo per leggere non arriva mai! Quindi, facciamo un po’ di spazio per la lettura consapevole.🦊
Poi, perchè leggere insieme (o farsi ispirare per una lettura, o commentare di un libro che si è già letto) ha un sacco di aspetti positivi: una lettura (almeno parzialmente) condivisa può darci la carica per prendere finalmente in mano quel saggio a tema ambiente che vorremmo leggere da tempo ma che non leggiamo per paura di non capirci abbastanza; una lettura condivisa ci permette di verbalizzare ed esternare i nostri pensieri sul tema, e quindi di parlarne con altre persone e confrontarci con chi la pensa in modo potenzialmente diverso dal nostro; leggere insieme permette anche di comprendere più in profondità ciò che si legge, pur mantenendo la pluralità di opinioni e pensieri.
Infine, abbiamo scelto di partire dai libri perchè, qualche tempo fa, all’interno del nostro team, si era palesata la voglia di esplorare un pochino più in profondità alcuni aspetti “meno pratici” legati alla sostenibilità ambientale in senso ampio – aspetti che rimangono comunque fondamentali per comprendere quali siano le forze in gioco quando si parla di ambiente. E chi siamo noi per non coinvolgere la nostra community in questi viaggi di conoscenza, scoperta e scambio? 🪴
Ah, ultima cosa…sono abbastanza certa che, alla fine, avremo più domande che risposte. Ma è anche questo il bello, no? Imparare a gestire la frustrazione di volere risposte e non averle. Fare passi avanti, ma con consapevole lentezza, senza necessariamente doversi schierare da un lato o dall’altro della barricata delle opinioni…
Ti prometto che non ci annoieremo – anche perchè, come sempre, cercherò di infilare qualche consiglio pratico qui e lì: siamo pur sempre ad Impatto e, a noi, le cose piace provare a cambiarle anche nella pratica!
La lista di potenziali libri di questa sorta di gruppo di lettura (per ora, in realtà, leggo solo io: tu puoi leggere me che leggo di cose 😅) è sempre in divenire, per cui parto abbomba con il chiederti: quale argomento ti interesserebbe affrontare con Steps d’Impatto, e quindi quale di questi libri ti piacerebbe che portassi con me durante una delle nostre prossime passeggiate?
Capitalismo Carnivoro – Allevamenti intensivi, carni sintetiche e il futuro del mondo, di F. Grazioli, Il Saggiatore, 2022 (216 pagine) 🐂
Medusa: Storia della fine del mondo (per come lo conosciamo), di M. De Giuli e N. Porcelluzzi, Nero Edizioni, 2021 (172 pagine). 🐙
Scegliere il futuro – Affrontare la crisi climatica con ostinato ottimismo, di C. Figueres e T. Rivett-Carnac (trad. D. Theodoli), Tlon, 2021 (211 pagine). Puoi leggere qui un estratto dal libro.💃
Questo sondaggio scade tra 7 giorni, per cui vota subbbbito prima di dimenticarti! 👇🏽
Detto questo, oggi si parla di…natura 🍂
Come credo il 92,7% della popolazione italiana, qualche tempo fa sono stata al cinema a vedere un film – di cui non ti dico il titolo perché sono certa riuscirai ad individuarlo facilmente tra pochissimo – in cui uno dei due protagonisti (vado abbastanza tranquilla con il maschile), ad un certo punto, pronuncia la seguente frase:
“Siete voi di città che la chiamate natura. È così astratta nella vostra testa che è astratto pure il nome. Noi qui diciamo bosco, pascolo, torrente, roccia, cose che uno può indicare con il dito. Cose che si possono usare. Se non si possono usare, un nome non glielo diamo perchè non serve a niente.”
Sentendo queste parole, mi è venuto naturale iniziare a riflettere su questa affermazione. In effetti, da un lato, la parola “natura”, così come “ambiente”, può contenere un sacco di significati e sfumature: può, per esempio, riferirsi agli alberi, all’atmosfera, ai fiumi, agli animali, a noi persone; quando penso alla natura in questi termini, non soltanto la sento vicina, ma sento di farne parte. Dall’altro, però, “natura” può anche essere un insieme totalmente astratto di cose difficilmente identificabili. Non trovi effettivamente che pensare alla natura in questo modo renda più facile sentirsene distaccatз, vederla come un qualcosa di lontano (“non un nostro problema”), e quindi non vedere la crisi che la colpisce e che la sta (ci sta) distruggendo?
Insomma, per essere in grado di proteggerli al meglio, dobbiamo prima riuscire a definire cosa siano per noi “natura” e “ambiente” — dobbiamo essere in grado di riconoscere che, dentro quel singolo nome astratto, ci sono tanti sotto-nomi, che sono le piccole e grandi cose che rendono tali questi due contenitori dai significati potenzialmente illimitati.
Per questo, a gennaio, sono partita da lontano: ho letto Essere Natura: Uno sguardo antropologico per cambiare il nostro rapporto con l’ambiente dell’antropologo Andrea Staid, pubblicato per UTET nel 2022.
Staid – mastro storyteller che sarebbe in grado di creare una narrazione antropologica interessantissima anche attorno al perché la zia della tua compagna, del tuo compagno, o del tuә compagnә gratta il sostituto vegano del formaggio grana inclinando la grattugia di 33° invece che 40° (è un complimento, lo giuro!) – ci accompagna in un viaggio di scoperta del concetto (anche se, come scopriremo, avrebbe più senso parlare di concetti, al plurale) “natura”. E lo fa mettendo sul piatto temi friccicarelli, quali antropocentrismo, colonialismo, e specismo.
Le definizioni di natura sono varie, variabili e innumerevoli, perché sono costruite culturalmente: è la società che vive o sfrutta quella natura, che ne delimita i confini materiali e concettuali. Però, credo che questa definizione sia abbastanza esplicativa:
“La natura può essere intesa come uno spazio indiviso, vitale, in cui come animali umani ci inseriamo in relazione con gli altri animali e vegetali, uno spazio vissuto e trasformato dalle culture locali. Oppure può essere vista come qualcosa di separato da noi animali umani, può essere pensata solo come una merce o qualcosa da governare e dominare, o come oggetto di trasformazione tecnologica. Quest’ultima visione è quella che ci ha portato dritto all’era dell’Antropocene.” (p. 49)
Insomma…capiamo già da queste poche righe che se, non stiamo proprio messз bene, è anche colpa del fatto che, in passato, ci è stato possibile – per tutta una serie di condizioni storiche e politiche – decidere che la nostra supremazia di popoli bianchi europei, “sviluppati” e “portatori di sviluppo”, avrebbe colpito non soltanto le altre persone (e già qua dovevamo fermarci a riflettere un secondino in più, se posso) ma proprio tutto il pianeta.🔥
Nel libro, in particolare, Staid pone il focus sul ruolo negativo dei progetti estrattivisti1, che:
“distruggono la natura per lo sviluppo e il benessere del “Nord globale”, senza alcun riguardo per l’esaurimento delle risorse naturali o la sostenibilità delle loro pratiche. La cosiddetta “green economy” non ha cambiato questo modello predatorio che distrugge territori per estrarne materie prime e ottenere grandi guadagni, gli impatti ambientali sono devastanti per i paesi dove viene estratta la materia prima, ma la crescita economica è solo per i paesi già ricchi a scapito degli spazi ecologici dei paesi poveri.” (p. 43)
Anche se, probabilmente, la faccenda è un po’ più complessa di così e l’estrattivismo non può dirsi l’unica causa della crisi climatica (ma, sicuramente, una delle grandi con-cause), questo passaggio ci dà la possibilità di capire un po’ meglio quanti attori entrano in gioco quando si parla di cambiamento climatico:
“Gli impatti ambientali comportano una brusca interruzione dei cicli di riproduzione della vita, lasciando le comunità senza la loro terra attraverso il processo di privatizzazione o l’inquinamento. Questi impatti sono accompagnati da importanti ripercussioni anche sulle relazioni di genere. Per le donne, il difficile accesso alle risorse naturali e la perdita della sovranità alimentare comportano un sovraccarico di lavoro, in quanto sono le principali responsabili dei lavori di cura, come l’alimentazione delle famiglie. Una volta che i progetti estrattivisti rompono il tessuto sociale della comunità, promuovendo un dialogo esclusivamente maschile e individuale, interrompendo i processi decisionali comunitari ed emarginando le donne come agenti passivi, la divisione sessuale del lavoro e la distribuzione delle responsabilità vengono riconfigurate, lasciando alle donne i compiti della riproduzione sociale.” (p. 46–47)
Avevi mai pensato a queste problematiche? Alla stretta connesione che c’è (ma spesso non si vede o non è mostrata) tra lo sfruttamento del territorio e le relazioni di genere? Io ci avevo pensato in altri termini, ma queste parole così chiare mi hanno aiutato a delineare meglio la correlazione tra genere, potere, e ambiente.
Dopo aver parlato di come il colonialismo abbia influenzato il nostro ideale di “natura” e il conseguente rapporto gerarchico che con essa abbiamo consapevolmente costruito, Staid ci riporta letteralmente a terra, accompagnandoci in una passeggiata nel suo orticello. Secondo l’autore, prendersi cura di un orto è il primo passo per essere natura: non soltanto avere un orto ci rende più consapevoli di quello che mangiamo, ma ci fa sentire anche più responsabili delle nostre azioni e di ciò che facciamo nell’atto di prenderci cura di un terreno.
E tu…hai mai provato a fare l’orto?
🧺Critical gardening e orti urbani🧺
Se non hai la possibilità di avere un tuo orto, o semplicemente non vuoi prendertene cura individualmente, perché non provare il critical gardening o gli orti urbani? Si tratta di “spazi di produzione, di socializzazione, di incontro con la terra” che, come ci racconta lo stesso Staid, si manifestano attraverso “un giardinaggio collettivo che agisca principalmente contro il degrado urbano, ripensando spazi abbandonati o parchi tristissimi dove domina la monocoltura del pratino all’inglese” (p. 80).
Qui trovi una mappa delle persone che organizzano orti urbani comunitari in Italia (e non solo) e puoi anche creare il tuo percorso di scoperta di questa pratica, o diventare tu stessa, stessǝ o stesso parte dell’iniziativa come gardener, mettendo a disposizione delle altre persone le tue conoscenze!
Se invece vuoi cimentarti nell’orticoltura in autonomia, ecco qui 8 consigli dalla nostra Elena, esperta orticoltrice del team:
Abbi voglia di sporcarti le mani di erba, foglie, terra e di incontrare tanti animaletti.
Per iniziare, avrai bisogno di pochissimi utensili (vanga, zappa e rastrello), perché gli strumenti più importanti saranno le tue mani.
Inizia quando ti senti pronta, prontә, pronto: l’orto estivo è ricco di verdure colorate, ma anche l’orlo invernale ti può dare un sacco di soddisfazioni (e richiede sicuramente meno cure giornaliere).
Inizia piantando ciò che ti piace e che può crescere nelle tue zone (per saperlo chiedilo al vivaio più vicino a te), sarà così più semplice per te prenderti delle piante e dei loro frutti.
Ricordati di piantare nell’orto qualche fiore o erba aromatica: la biodiversità è molto importante.
Ama la natura e soprattutto i piccoli esserini che la abitano – bruchi, formiche, lombrichi: anche se non sembra, saranno dalla tua parte nella cura del terreno.
Sii curiosa, curiosә, curioso: chiedi consigli, leggi e sperimenta!
Tieni a mente che avere un orto è anche condivisione: di saperi e di esperienze, di spazi (se possibile) e dei frutti che ci dona!
Staid conclude il libro riportando alcune esperienze di persone che con cui ha potuto passare del tempo durante la sua ricerca sul campo: si tratta perlopiù di gente che ha compiuto scelte radicali, spesso lasciando città e lavoro per vivere in zone di montagne. Queste storie ci parlano di decrescita — quella “felice” di Latouche: un rallentamento consapevole e controcorrente, controproduttivo e contro-performativo.
Se ti va, qui sotto puoi ascoltare me e la mia voce da post-influenza che ti leggiamo un mini-estratto da una di queste esperienze, quella di Tina, che si trasferisce dall’Argentina alle valli piemontesi.
Steps d’Impatto del libro: 🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽🦶🏽/10
Lo consigliamo alle persone a cui…piace mettersi in discussione e ragionare sulle cose, per provare a decostruire gli stereotipi di cui ci serviamo quando parliamo di ambiente e natura.
Per lз più piccinз
Un silent book (ossia un libro “non scritto”, in cui la storia la fanno le immagini e la voce di chi le racconta) di Terre di Mezzo Editore, in cui la natura – con tutti i suoi animali, le piante, i laghi – è la protagonista: perfetto per far scoprire allз propriз pargolз quante cose si possono fare non soltanto nella natura, ma anche con la natura.
Su e giù per le montagne, di Irene Penazzi, Terre di Mezzo Editore, 2021 (40 pagine).
Arrivatз alla fine di questa passeggiata, dunque, ti chiedo: cos’è per te la natura? E cosa fai per sentirti più parte di essa? Se ti va di condividere la tua esperienza, t’aspettiamo nei commenti🫶🏽
In ogni caso, ci si sente a fine febbraio, ad un’ora qualunque, con il prossimo Step d’Impatto libresco!
Tante care cose,
Giulia
L’estrattivismo è un processo che, secondo la definizione di ReCommon – tra le prime associazioni ad occuparsene –, si basa:
“sulla sottrazione sistematica di risorse dai territori, nel senso più ampio del termine. Un esempio è l'acqua che una multinazionale preleva, ma anche l'impatto che una grande infrastruttura come un gasdotto può avere sul territorio che occupa. È un furto che si combina con lo spostamento forzato della sovranità su quegli stessi territori da chi li abita a chi li saccheggia. Coloro che "decidono" non sono più coloro la cui sopravvivenza dipende da ciò che quei territori mettono a loro disposizione: i decisori sono invece coloro che usano il loro controllo politico ed economico per garantire il consolidamento e la riproducibilità di un modello predatorio.”